«Ciao», mi sono avvicinata timida, ero a disagio, non so mai cosa dire a chi non conosco e le frasi sul tempo sono ancor più imbarazzanti del silenzio. Mi sono limitata a guardarla, era luminosa, sembrava essere avvolta da un’aura blu. Sorrideva, era timida anche lei ma non impacciata come me.
Ci siamo sedute l’una di fronte all’altra e per un po’ abbiamo osservato la vita orbitare intorno.
Eravamo occhi negli occhi, avevo tante domande da farle ma ho iniziato con la prima che mi è salita alla gola: «era davvero necessario?»
Lei sembrava non capire e ci ha messo qualche secondo per rispondere.
«No, non era necessario. È necessario quell’albero? O quell’aiuola di fiori?»
«Allora perché?»
«Ah, i perché… dimmi, perché hai cinque dita? O due occhi invece di uno, o i capelli, a che servono i capelli? Oggettivamente a niente, ma tutte queste cose rendono armonioso l’insieme. Ci sono cose che prese una alla volta potrebbero avere poco senso, ma che appaiono essenziali nell’insieme.»
Ho sospirato profondamente dalla bocca e lo specchio si è appannato leggermente, «a volte ho la sensazione di aver perso tanto tempo, e che la maggior parte delle cose che ho vissuto siano state un procrastinare e un non vivere. Quasi tutte le mie decisioni sono state prese dalla paura, sempre in difesa, sempre per limitare i danni. Ma non è servito a niente.»
«Per fortuna! Pensa se fosse servito a qualcosa, pensa se il tuo comportamento avesse modificato in qualche modo il fluire del fiume. Ci sono molte cose che la natura ci insegna, sei nata sulla riva di un fiume e sai benissimo come funziona. Ci sono cose che noi non possiamo modificare, né rallentare e né velocizzare. E non ci viene chiesto nemmeno di accettarle, perché l’accettazione è sempre qualcosa che ha in sé il seme del giudizio, del giusto e dello sbagliato, e finiresti per dirti che accetti qualcosa anche se la consideri sbagliata, e la bellezza si perde perché si guarda un solo dettaglio, senza notare l’armonia dell’insieme.»
Sono rimasta in silenzio per permettere alle sue parole di entrare dentro di me e nel frattempo la guardavo, ho guardato quell’insieme, quegli occhi, quel viso, quei capelli, le lentiggini, il corpo morbido, il sorriso che formava quelle fossette simpatiche sulle guance, i segni dell’età sul collo e intorno agli occhi, niente di ché presi a uno alla volta ma che nell’insieme formavano un individuo unico, una disarmonia armoniosa.
E forse sì, non c’era un perché, quell’albero fuori dalla finestra, in fondo, non era così essenziale, nemmeno quelle rose bianche di fine estate. Ma che guardati nell’insieme diventavano essenziali per la bellezza.
Nulla da aggiungere.
Mi sono alzata, ho pulito con la maglietta l’alone del mio respiro formatosi sullo specchio e sono uscita dalla stanza.
Enrica