QUARTA PARTE
Vorrei fare l’amore con te
piano
vorrei veder sorgere la Luna e il Sole
mentre ancora osservo le pelle della tua schiena
leggere la tua storia dalle cicatrici
di trascorse cadute
sulle gambe
sulle braccia.
Vorrei fare l’amore
lentamente
in contemplazione di te
di come rispondi alle mie carezze e ai miei baci
brividi
pelle d’oca e sospiri.
Vorrei fare l’amore con te
scorgere chi sei dalla forma del tuo corpo
da come mi baci
e da come mi tocchi.
Voglio fare l’amore con te
per vedere chi sono
specchiandomi nei tuoi occhi,
spogliarmi mentre mi guardi
avere paura di non piacerti
ma stare in quella paura
senza abbassare lo sguardo.
Voglio fare l’amore con te
osservare le tue espressioni
mentre osservi le mie
sperimentare
rendere sacra quell’unione
amarti come non ho mai amato
lasciare che Amore mi porti via
diventare nuova
tornare da me
mentre torno da te.
Iris posò il quaderno, si asciugò le lacrime e decise di provare a dormire. Erano le 2 di notte.
Il suo rapporto con l’insonnia era cambiato, non c’era più lotta, né accettazione passiva, tutto si era trasformato in osservazione.
Come se le sue notti bianche fossero la voce di un maestro che andava ascoltato.
Anche i suoi giorni erano scanditi da un osservare tranquillo.
Quella notte, però, la sua insonnia diventò fuoco, desiderio bruciante, toccò il suo corpo, sperimentò il piacere, scelse di esplorarsi e di conoscersi attraverso il suo stesso tocco.
Scoprendo che, anche l’auto erotismo, era un buon modo per conoscere se stessa, e non solo uno sfogo fisiologico come lo era stato in altre occasioni.
Dopo quella esplorazione, appagata dal piacere, prese il suo quaderno e lasciò che il suo amore si trasformasse in parole.
Tutto era cominciato una settimana prima, alla scuola della prima infanzia dove lavorava, la piccola Susanna di 4 anni era innamorata di Sebastiano, 5 anni, carattere scontroso, bimbo con una situazione familiare difficile.
I due erano continuamente ai ferri corti, era un continuo litigio per poi vederli comunque orbitare l’uno nello spazio dell’altra, come se non riuscissero a stare lontani e nemmeno troppo vicini.
Incuriosita dalla situazione, durante un momento di calma, si sedette vicino a Susanna per scoprire le emozioni coinvolte, parlare con Sebastiano sarebbe stato inutile, il piccolo non avrebbe mai parlato.
Susanna stava disegnando un albero, sopra questo albero c’erano fiori, mele e uccellini, beh, più che uccellini sembrano pterosauri. Iris si fece raccontare il disegno e la bimba le disse che era l’albero di mele nel giardino della nonna, dal suo racconto una nonna davvero dolce e gentile. Non fu necessario trovare modi poco diretti per chiedere qualcosa sull’amicizia tira e molla con Sebastiano perché fu la bimba a raccontare tutto con entusiasmo.
«Ho invitato Seba a casa di mia nonna, perché oggi facciamo la torta di mele ma lui come al solito ha detto no. Ha davvero la testa dura come Ettore, il mio gatto, che fa sempre il contrario di quello che dico ma poi quando faccio finta di essere arrabbiata viene a farmi le coccole e mi fa le fusa. Io so che Seba ha solo bisogno di coccole, è sempre arrabbiato, ma io gli voglio bene comunque, è come Ettore, fa il prepotente ma in realtà è tanto buono e dolce.»
«Le persone non sono gatti, tesoro, forse dovresti giocare con gli amici che sono felici di stare con te, tutta la classe ti adora, perché insisti a voler giocare con Seba?»
Smise di colorare lo pterosauro di nero e guardò Iris, «io voglio bene a Seba anche quando è cattivo. La nonna mi vuole bene anche quando mi comporto male. Quando faccio i capricci e mi arrabbio la nonna mi abbraccia e mi passa tutto, anche Seba vuole solo essere abbracciato. Io lo so.»
Iris rimase a guardare la piccola che colorava la mela gigante di rosso, alta quanto la bambina della stessa altezza dell’albero che aveva appena finito di disegnare. In quel piccolo mondo sul foglio, le proporzioni erano alquanto illogiche; eppure, l’armonia delle forme e l’uso dello spazio aveva una sua logica perfetta.
Si allontanò per accompagnare Giulia a fare pipì e quando tornò nel salone dei giochi, Sebastiano era seduto vicino a Susanna e l’aiutava a colorare il cielo di azzurro. Iris si commosse e chiuse gli occhi per arginare le lacrime.
La strada tra la sua casetta in “via del mille percorsi” al numero 51 e la scuola, era uno dei suoi momenti preferiti, aveva scoperto una scorciatoia nel bosco, adorava quel piccolo paese, e mai un solo giorno si era pentita della sua scelta. Eppure, la dea Ananke l’accompagnava come un ombra.
La notte seguente si sintonizzò su Radio Insomnia, non lo faceva da molto tempo, la voce di Luca la fece piangere, ma rimase in ascolto. Le ballate indi romantiche erano una stretta allo stomaco. Dopo l’ultima canzone della notte, Luca invitò gli ascoltatori a partecipare al nuovo concorso di poesia e chiuse il programma con un “ciao” che riempì Iris di brividi come scosse elettriche.
Pensò alle parole di Susanna: “io voglio bene a Seba anche quando è cattivo… io lo so che vuole solo essere abbracciato…”
Con una calma palpitante, eh già, Iris aveva scoperto la calma palpitante, l’essere testimone delle sue emozioni, sentirle totalmente senza farsi travolgere, riuscendo a provare la potenza del suo amore senza interferenze; perciò, con calma palpitante inviò la sua poesia a Radio Insomnia.
Voglio fare l’amore con te
Luca aprì quella e-mail all’istante, dopo il bip sul cellulare. Stava tornando a casa in bicicletta, e appena vide il nome di Iris sul display prese in pieno il marciapiedi e si ritrovò a gambe all’aria dentro una siepe. Ne uscì pieno di graffi e sanguinante come se avesse lottato contro una colonia di gatti molto arrabbiati, controllò la sua amata bici e dopo aver appurato che fosse tutta intera si sedette tremante sul bordo del marciapiedi a leggere.
Nella e-mail non c’era nessun testo, solo il file di Word, lo aprì, il cuore mancò un battito, poi prese velocità e poi mancò ancora un battito, si sdraiò supino, stordito dalla tempesta che gli accadeva dentro e, con le mani sulla faccia, pianse.
Raccolse il suo zaino, salì in sella e virò per la stazione, alle 6:30 stava pedalando grondando sudore su una salita di montagna, annaspando e respirando rumorosamente.
Alle 7:22 era in “Via dei Mille Percorsi” davanti al civico 51.
Suonò il campanello.
«Ciao…»
E fu così che Amore raggiunse la sua Psiche che, nel frattempo, aveva trasformato la sua mancanza in un talento per l’ascolto, e la follia d’amore in paziente fede nell’esistenza. Il tutto in un continuo moto vacillante tra picchi e valli, ma anche le onde della sua comprensione facevano parte della comprensione stessa.
«Sei venuto ad aiutarmi a colorare il cielo?»
…
«Credo di sì… pensavo di trovare la porta chiusa.»
«La porta non ha la serratura.»
Iris lo fece entrare e gli accarezzò i capelli arruffati e bagnati di sudore, «sei arrivato a tutta velocità?»
«450 km in 4 ore, un record…»
«Fai una doccia e poi disinfettiamo queste ferite. Hanno una storia?»
«Sì. Hanno una storia interessante, la vuoi ascoltare?»
«Non aspetto altro…»